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Chissà cosa direbbe Michele Ferrero scoprendo che il libro a lui dedicato, la prima biografia autorizzata, scritta da Salvatore Giannella, edita Salani, è stato di gran lunga il libro più letto in Italia nell’ultima settimana. Probabilmente non ne sarebbe contento e direbbe “Esageruma nen”.

Per un uomo che per tutta la vita ha cercato di evitare i riflettori lasciando parlare i suoi prodotti, essere al centro dell’attenzione non sarebbe stato facile e nemmeno gradito.

Per fortuna, per una volta, la famiglia è andata contro il pudore e l’understatement non di facciata, ma reali e veri del signor Michele Ferrero per regalare alla collettività un libro importante su un personaggio che lo meritava.

Parlando di grandi imprenditori italiani viene naturale pensare a Adriano Olivetti che grande è stato a tutti gli effetti, ma la cui opera è relegata, non per colpa sua, ai soli libri di storia.

Gli effetti delle doti imprenditoriali di Michele Ferrero sono, invece, oggi più che mai tangibili e concreti in un sistema Ferrero che è presente in mille sfaccettature della vita quotidiana del nostro territorio: dai pullman che ogni giorno portano gratuitamente i dipendenti al lavoro e dalla mensa a prezzo simbolico, all’attenzione per il welfare passando per la costante attività della Fondazione Ferrero e per le molte iniziative solidali e culturali promosse da chi prosegue nell’opera di Michele Ferrero.
Con la biografia di Salvatore Giannella si compie un passo fondamentale perché, per la prima volta, la fama dell’imprenditore langhetto varca, in prima persona e non solo con i propri prodotti, i confini della Langa per essere riconosciuta e celebrata a livello nazionale.

Questo non può che essere un bene perché l’Italia ha bisogno di “eroi” alla Michele Ferrero, persone capaci di creare valore per la collettività, in un’epoca in cui di eroi si sente l’assoluto bisogno e in cui mancano esempi a cui ispirarsi.

L’inventore della Nutella, oltre che con la crema spalmabile più amata del mondo, con gli ovetti Kinder o con l’Estathè, ora entra nelle case degli italiani con il volto sorridente e rassicurante ritratto in copertina dal fotografo Bruno Murialdo, per diventare un esempio per grandi e piccini con la propria storia di vita.

Una storia partita da Farigliano, prima e da Dogliani, poi, per arrivare ad Alba passando per Torino in un crescendo di umanità.

Tra i tanti aneddoti che scoprirete leggendo il libro, alcuni più noti, altri meno, personalmente mi ha incuriosito l’episodio raccontato dal compianto Gianni Mercorella del dono di Michele Ferrero a Umberto Agnelli del progetto della “Cittadina”, una piccola utilitaria per la guida in città con ruote in grado di girare a 360 gradi per consentire il parcheggio in spazi angusti. Donando il progetto a Umberto Agnelli Ferrero si impegna ad acquistare i primi mille esemplari prodotti a Mirafiori, ma alla fine la Cittadina rimarrà solo nell’immaginazione dell’imprenditore langhetto perché ritenuta troppo cara da sviluppare dagli ingegneri Fiat.

Forse il progetto di Michele Ferrero era solo troppo innovativo per il periodo in cui era stato partorito da un uomo costantemente proiettato verso il futuro, capace di imporsi nel Mondo grazie all’arte di arrangiarsi e alla caparbietà dei langhetti.

Nel libro si racconta anche di un Ferrero ragazzino già molto attivo nel creare dolci partendo dalle nocciole e dalle castagne e non possono mancare le 17 regole del personale, una sorta di preghiera laica intrisa di un’umanità straordinaria.
Umanità accompagnata dalla fede, in modo particolare nella Madonna di Lourdes a cui Michele Ferrero si affiderà fino all’ultimo giorno e a cui chiederà conto in occasione della morte prematura e inaccettabile dell’amato figlio Pietro, trovando un conforto prima di lasciare egli stesso la vita terrena il 14 febbraio 2015.

Aneddoti che andavano raccontati con la maestria di Salvatore Giannella e che ora sono fruibili da tutti e il signor Michele ci perdonerà, ma era giusto così… una umanità grande come la sua non poteva essere contenuta solo dalla sua amata Langa.

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Di Massimo Prandi

Massimo Prandi