L’origine del bonet piemontese risale a un’epoca lontana, a quando il cioccolato era ancora un prodotto sconosciuto in Europa.
Pare che l’antenato di questo dolce al cucchiaio sia nato tra le Langhe e il Monferrato intorno al XIII secolo, come conclusione dei banchetti medievali più sontuosi, almeno secondo le testimonianze storiche. Tuttavia era una ricetta diversa rispetto a quella moderna, decisamente più semplice e meno ricca di ingredienti, e soprattutto senza cacao.
Questa versione bianca, detta “alla monferrina”, altro non è che un dolce preparato con latte, uova, amaretti e zucchero: successivamente, grazie all’evolversi dei gusti e all’arrivo di nuovi prodotti da oltre oceano, intorno al XVIII secolo il bonet diventò “cioccolatoso”, nella versione che noi tutti amiamo e che si è guadagnata l’etichetta di PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale).
In piemontese la parola Bonet indica un cappello o berretto tondeggiante portato dagli uomini delle campagne, la cui forma ricorda quella dello stampo di rame e di alluminio in cui viene cotto il dessert.
Sull’origine del nome di questo dolce piemontese c’è anche un’altra ipotesi più curiosa: questa versione vuole che il dolce sia stato chiamato così non perché il suo stampo assomigliasse a un cappello, ma perché servito alla fine del pasto: il bonet era il “cappello” a tutto ciò che si era mangiato, ossia il gran finale. Questo perché all’epoca prima di uscire di casa o da un locale, il cappello era l’ultima cosa che si indossava dopo gli altri indumenti. Il coronamento, insomma, di un pasto tradizionale.
La ricetta, fatta di ingredienti semplici e genuini, subisce a seconda delle zone del Piemonte alcune variazioni. A parte gli ingredienti base (uova, zucchero, latte, rum, cacao e amaretti secchi), in alcune ricette vengono aggiunte le nocciole del tipo tonda gentile delle Langhe, il caffè, oppure il cognac al posto del rum.
Il Bonet era il dolce del giorno di festa, quello preparato con cura dalle nonne nei forni a legna e che appariva sulle tavole alla fine del pasto per la gioia dei più piccoli e anche dei più grandi. Il budino veniva messo a cuocere nel forno smettendo di aggiungere la legna per fare in modo che il calore residuo cuocesse lentamente il budino che risultava pronto quando era rappreso e veniva poi servito freddo il giorno successivo. Il bonet tradizionale piemontese non era a base di rum come oggi bensì di Fernet, poiché, una volta terminato il pasto, il Fernet si diceva aiutasse la digestione.
La sua ricetta non è quindi particolarmente complessa e nel giro di un paio d’ore si otterrà una vera e propria prelibatezza che farà un figurone su qualsiasi tavola.