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Il baratto, al posto del pagamento in denaro, era usato in varie civiltà antiche che utilizzavano beni di uso comune scambiandoli con altre merci. I Maya, per esempio, insediatisi migliaia di anni fa (dal 750 al 500 a.C.) in Mesoamerica, l’attuale America centrale, usavano tabacco e mais al posto della moneta. Un nuovo studio, svolto dall’archeologa Joanne P. Baron del New Jersey, mostra che nel primo millennio d.C., anche i tessuti e il cioccolato, o meglio le fave di cacao, venivano utilizzate dai Maya come moneta. I risultati dello studio sono pubblicati su Economic Anthropology, rivista dell’American Anthropological Association.

Il lavoro dell’archeologa ha riguardato l’analisi di altre pubblicazioni sui Maya e di immagini relative al periodo classico di questa civiltà (circa dal 250 al 900 d.C.), come incisioni, pitture su ceramica e decorazioni murali. Nelle prime pitture non si trova traccia di raffigurazioni del cioccolato, che invece diventa ricorrente nei dipinti a partire dall’ottavo secolo d.C.. L’autrice ha documentato la presenza di circa numerosissime scene a partire dalla fine del 600 d.C. fino al 900 d.C., che mostrano diversi beni materiali impiegati come pagamenti ai capi Maya o tributi. Fra le merci, tabacco, chicchi di mais, ma anche tessuti e fave (bacche) di cacao.

Queste raffigurazioni, dunque, suggeriscono che potrebbe essere proprio questo il periodo (quello classico) in cui le fave iniziavano a essere utilizzate dai Maya non soltanto per forme di baratto uno a uno, cioè in cui una singola merce veniva scambiata per un’altra, ma addirittura come moneta ufficiale, un po’ come se fossero degli euro. Secondo la ricostruzione dell’autrice, inoltre, i capi Maya collezionavano un numero di bacche molto abbondante rispetto a quelli trasformati in cioccolata, un segnale che forse queste monete erano utilizzate per pagare i lavoratori o per fare acquisti.

Il periodo classico Maya è quello che ha visto la fioritura dell’urbanistica e delle costruzioni monumentali, un’epoca ricca anche per l’economia, basata sull’agricoltura intensiva. E in questa fase tessuti (cotone) e cacao erano probabilmente la valuta corrente, riconosciuta e utilizzata da diversi gruppi Maya. Questi prodotti, spiega l’autrice, servivano anche per diverse attività dello stato e per i servizi domestici. Così hanno assunto una funzione monetaria, all’interno di un mercato in espansione fra diversi regni Maya in competizione finanziaria, in una rete di alleanze e inimicizie. Successivamente, dopo il contatto nel 1519 con gli Spagnoli (che conquisteranno il territorio), le fave di cacao e gli altri prodotti sono stati utilizzati sempre per facilitare acquisti e vendite ma anche per gli stipendi dei lavoratori, dunque come forma di tributo e per le tasse.

Ma le domande poste dallo studio sono tante. Perché certi materiali, in questo caso i semi di cacao, hanno assunto questo valore?, si chiede ad esempio l’autrice, che analizza anche i cambiamenti, a livello di relazioni socio-economiche. Intanto, il cioccolato non è quello a cui pensiamo istintivamente, in tavolette o barrette. Si tratta di fave di cacao, fermentate ed essiccate, utilizzate per la cioccolata o per bevande al cacao. Questo frutto erano considerato un bene di valore grazie alla forma rotonda e alla freschezza, nonché il sapore e l’aroma ed ampiamente apprezzato anche in epoca coloniale.

Diversamente dal cotone, poi, le fave di cacao avevano bisogno di specifiche condizioni per crescere (non crescono vicino alle città e possono danneggiarsi più facilmente) e questo conferiva un valore aggiuntivo al prodotto ad esempio rispetto ai semi di mais. La contropartita, secondo Baron, è che in certi casi cambiamenti climatici o disastri naturali avrebbero potuto rovinare in maniera estesa i raccolti, tanto da minacciare i poteri politici e danneggiare in maniera importante l’economia Maya.

Secondo l’archeologa, il valore del cacao nell’ambito delle relazioni sociali non è stato stabilito soltanto dal prezzo materiale, ma da tutte le pratiche e le attività che hanno contribuito a conferire un determinato pregio a questo prodotto, visti anche i cambiamenti nelle relazioni fra produttori, mercanti e consumatori. Insomma, il cacao, oltre a essere moneta, era parte della cultura e della tradizione della popolazione e anche questo contribuiva al suo valore.

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Di Massimo Prandi

Massimo Prandi