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Il cioccolato, soprattutto nella sua versione fondente, può contenere metalli pesanti come cadmio e piombo, sostanze che, se assunte in quantità elevate, possono causare danni alla salute. A dirlo è un’inchiesta condotta dalla rivista americana Consumers Report, che ha portato in laboratorio 28 tra le più amate tavolette di cioccolato amaro vendute negli Stati Uniti. Il motivo? Le fave di cacao, che accumulano queste sostanze dal terreno, dall’aria e dall’acqua.

La scoperta non deve però allarmare più del dovuto: i quantitativi rilevati nelle tavolette esaminate sono di gran lunga inferiori ai valori massimi consentiti dalla normativa europea e alla dose settimanale ritenuta tollerabile dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), anche per i bambini. Via libera quindi (con moderazione) al consumo di cioccolata, con una consapevolezza in più: l’esposizione ai metalli pesanti è un rischio da non sottovalutare, perché queste sostanze sono presenti in tanti alimenti che consumiamo, dal caffè ai cereali, alle verdure, ai pesci ed è importante rispettare il principio secondo cui “meno è meglio”. Bandire il cioccolato dalla nostra tavola, però, non risolverebbe il problema. Meglio mantenere un’alimentazione il più possibile varia, cercando comunque di non consumare cioccolato tutti i giorni.

Metalli pesanti: da dove arrivano
I metalli pesanti come piombo, cadmio, nichel, arsenico, mercurio sono elementi naturalmente presenti nel suolo, nell’acqua e nell’atmosfera ma sono anche il risultato dell’inquinamento causato dalle attività industriali. La fonte principale di esposizione a queste sostanze per la popolazione generale è l’alimentazione: mangiando alimenti che li contengono, i metalli pesanti si accumulano nell’organismo e a lungo termine possono dare problemi di salute, perché ad alte dosi sono tossici. Per questo, le autorità regolatorie che si occupano di sicurezza degli alimenti (in Europa è Efsa) hanno individuato delle dosi massime considerate accettabili da cui sono derivati, per alcuni metalli e alcuni alimenti, precisi limiti di legge.

Il cadmio
Il cadmio è stato oggetto di analisi da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare nel 2009. Questo metallo si accumula nei reni e può causare, proprio anche per i danni che fa a questi organi, la demineralizzazione delle ossa. La fonte principale di esposizione al cadmio è, oltre al fumo di sigaretta, l’alimentazione, con i cereali (riso, pasta…) e le verdure al primo posto, soprattutto a causa dei quantitativi consumati. Anche il cioccolato è riconosciuto come alimento che potenzialmente può contenerne alti livelli, ma date le dosi di consumo occasionali (e non in quantità elevate) non rappresenta un alimento da tenere sotto osservazione.

La dose settimanale tollerabile di cadmio individuata da Efsa, cioè la quantità di metallo che si può assumere accidentalmente senza preoccuparsi, è di 2,5 µg/kg di peso corporeo. Alcuni gruppi di persone corrono un rischio maggiore di accumulo e sono i bambini, i vegetariani e i fumatori.

Il regolamento europeo n.1881 del 2006 ha fissato limiti massimi di cadmio variabili a seconda dell’alimento: si va dallo 0,050 mg/kg (di peso fresco) di alcune verdure e frutta o della carne all’1 mg/kg di molluschi bivalvi (cozze e vongole). I livelli più bassi individuati sono quelli per gli alimenti per lattanti e di proseguimento (tra lo 0,005 e lo 0,0020 mg/kg di peso fresco).

Il piombo
Anche questo metallo è molto presente nell’ambiente sia per cause naturali sia a seguito di attività umane, come l’estrazione di minerali e altre attività industriali (produzione di batterie, di vernici, lavorazione di metalli). E anche per il piombo la dieta rappresenta la fonte di esposizione principale per la popolazione, con ai primi posti il tè e il caffè, i cereali, le verdure e gli ortaggi. A seguire l’esposizione causata dagli inquinanti che si depositano e si accumulano negli ambienti chiusi sulla polvere, soprattutto per i bambini. Il piombo è tossico per il sistema nervoso. L’esposizione a questo metallo pesante, come ricorda l’Istituto superiore di sanità, può portare a effetti sul comportamento e sullo sviluppo del feto, di neonati e bambini, oltre che aumentare la pressione sanguigna negli adulti. Nel 2010 l’Efsa ha sottolineato come i dati a disposizione sugli effetti avversi sullo sviluppo intellettivo dei bambini e sulla pressione sanguigna degli adulti non permettessero di stabilire una sicura dose settimanale tollerabile (dose, invece, fissata per il cadmio).

I dati di esposizione della popolazione adulta attualmente non vengono ritenuti preoccupanti, ma restano i rischi potenziali sui possibili effetti sullo sviluppo neurologico dei più piccoli. Uno studio pubblicato dall’Istituto superiore di sanità, tuttavia, specifica che in Italia anche per i bambini l’esposizione attraverso la dieta non desta allarme. I limiti di legge fissati sul contenuto massimo di piombo ammesso negli alimenti sono presenti nel regolamento Europeo n.1881 del 2006 e vanno dallo 0,020 mg/kg di peso fresco degli alimenti per i più piccoli (lattanti e alimenti di proseguimento) allo 0,50 mg/kg dei crostacei.

L’inchiesta di Consumer Reports e i limiti Ue
Se facciamo un confronto tra limiti utilizzati per valutare le tavolette di cioccolato analizzate negli Usa e quelli vigenti in Europa l’allarme appare subito ridimensionato. Negli Stati Uniti non esiste una norma generale: per il cadmio Consumer Reports ha utilizzato il valore di riferimento dello stato della California per l’assunzione generale, pari a 4,1 µg al giorno. Ma quello previsto dal regolamento europeo solo per una porzione di cioccolato (pari a 30 grammi) è di 24 µg, un valore massimo consentito di gran lunga più alto. Inoltre, se consideriamo la dose tollerabile settimanale individuata dall’Efsa per il cadmio, questa è fissata a 2,5 µg/kg per peso corporeo che per un bambino di 30 kg sarebbe pari a 75 µg a settimana. I quantitativi rilevati dall’analisi di Consumer Reports, valutati secondo gli standard europei, sono quindi totalmente in linea con la normativa vigente e le indicazioni dell’Efsa. Ovviamente, per tutti i metalli pesanti vige il consenso per cui meno è meglio e quindi ben vengano livelli rilevati ben inferiori ai limiti massimi o ancor meglio non rilevabili, poiché del tutto assenti. Anche perché, come abbiamo detto, l’esposizione ai metalli pesanti avviene da più fonti nella dieta.

Cosa fare per limitare l’esposizione ai metalli pesanti
Limitare l’esposizione ai metalli pesanti è possibile, senza dover rinunciare al cioccolato e soprattutto senza eliminare cereali e verdure, alimenti fondamentali per il nostro benessere.

Per prima cosa, non fumare e non esporre al fumo le persone a noi vicine, soprattutto i bambini che, in quanto gruppo più vulnerabile, dovrebbe essere protetto anche dalla polvere domestica che può rappresentare una fonte importante di esposizione a metalli pesanti.

Poi, mantenere un’alimentazione il più possibile varia, non solo per non perdere i benefici di tutti gli alimenti ma anche per limitare i potenziali rischi.

Per quanto riguarda il cioccolato bisogna rispettare le indicazioni generali di equilibrio nella dieta, che prevedono per questo prodotto dolciario un consumo soltanto occasionale (una porzione è di 30 grammi, pari a 3-4 quadratini). Sfatando il mito che il cioccolato fondente sia un alimento dietetico: una tavoletta di cioccolato fondente contiene poche calorie in meno rispetto a quello al latte, ovvero 515 kcal rispetto alle 545 fornite da una tavoletta di cioccolato al latte.

E comunque, non abituare i bambini a mangiare regolarmente il cioccolato, soprattutto per i rischi associati alla salute dei denti e al sovrappeso.

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Di Massimo Prandi

Massimo Prandi