Anche il cacao è un prodotto in evoluzione, inserito all’interno di una filiera che deve affrontare diverse sfide per il futuro: si parla di nuovi processi di coltivazione, innovative tecniche di lavorazione, e sono tanti gli studi che ne raccontano le prospettive. Dal Journal of Agricultural and Food Chemistry che ha pubblicato il lavoro dei ricercatori del Virginia Tech e dell’Università dell’Illinois con focus sulla torrefazione del cacao, alla ricerca comparsa su Applied Materials & Interfaces svolta dall’Università di Leeds, nel Regno Unito centrata sulle percezioni sensoriali, gli esempi sul tema si sprecano.
Proprio come avviene con il caffè, anche il cacao ha bisogno di esser trasformato attraverso il processo della tostatura che incide sugli aromi finali. In questa fase delicata, è importante tenere conto di quei composti volatili che, se da un lato contribuiscono a conferire le note caramellate e di nocciola, dall’altra potrebbero coprire delle sfumature più labili come i sentori floreali e fruttati.
A seconda quindi del grado di cottura che si esercita sul cacao, questo potrà presentarsi con caratteristiche aromatiche piuttosto differenti e particolari. Lo spazio per fare sperimentazioni e ricerca su questo fenomeno, è aperto per gli artigiani più visionari.
Un altro punto da esplorare, riguarda la sensazione al palato. Come ha dimostrato il secondo studio che abbiamo citato precedentemente, quello che si avverte come prima sensazione sulla lingua è determinato dai grassi in superficie (ma non dalla loro quantità). Sono questi che, entrando in contatto con la saliva, formano le prime goccioline di cioccolato che inviano al cervello una sensazione piacevole.
Prospettive per il mercato? Pensare a realizzare un cioccolato che abbia uno strato di grasso che si riduce gradualmente dall’esterno all’interno: questo allungherebbe da una parte l’esperienza gradevole percepita dal cervello, e dall’altra si ingerirebbero meno grassi – cosa preferibile per il corpo -.
Certamente, nel futuro del cacao, si parla di sostenibilità – e non potrebbe esser altrimenti, considerata la pervasività di questa tematica nell’ultimo periodo per le aziende e i consumatori – e un esempio virtuoso è la start up WNWN Foods Labs. Attiva da anni nella sua sede a Londra, è riuscita ad ottenere il primo cioccolato amaro senza cacao ma abase di orzo e carrube biologiche con tanto di certificazione e originarie dalla nostra Italia e dalla Spagna. La fermentazione è inclusa nel processo, insieme ad altri ingredienti come il burro di karité dal Ghana e lo zucchero a dosi limitate.
La ricerca della start up non si arresta a questa prima soluzione. Perché se da un lato si sono posti l’obiettivo di 15-50 micrometri di calibro delle particelle di cacao (che si trova tra i 15 e i 19 micrometri per un prodotto gourmet e tra i 22 e i 25 per quelli commerciali), dall’altro si studia per riprodurre la versione con un mix tra la bevanda vegetale a base di avena e lo zigolo dolce.
Quindi per questa azienda innovativa, il cacao del futuro sarebbe, semplicemente, senza cacao.