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Anche i grandi gruppi alimentari internazionali iniziano a muoversi lentamente verso pratiche più sostenibili, cercando di abbassare l’impronta delle proprie produzioni. Un esempio è quello appena annunciato da Nestlé Regno Unito & Irlanda e Cargill che, insieme all’azienda CCm Technologies, specializzata nella realizzazione di pellet e polveri dagli scarti alimentari, stanno per iniziare una fase sperimentale sull’utilizzo dei gusci delle fave di cacao come fertilizzanti.

Secondo stime recenti, i fertilizzanti tradizionali sono responsabili del 5% delle emissioni globali di gas serra, oltre che della produzione e del consumo di enormi quantità di sostanze chimiche. È necessario quindi ridurre, e non di poco, questo tipo di emissioni con pratiche tecnologicamente avanzate e con il ricorso a fonti di nutrienti diverse. Tra queste, i gusci di cacao sono ottimi candidati, come hanno dimostrato numerosi studi che, negli ultimi anni, ne hanno indagato le potenzialità come additivi alimentari per prodotti destinati alle persone o agli animali, biocarburanti e, appunto, fertilizzanti sostenibili. Da qui l’idea di verificare se quelli prodotti dai due colossi Nestlé e Cargill potessero entrare a far parte di un ciclo di produzione di fertilizzanti in pellet.

Nei prossimi due anni, i gusci saranno conferiti a CCm Technologies da Cargill e i pellet saranno utilizzati in alcuni campi di cereali del Suffolk e del Northamptonshire che riforniscono Nestlé, nei quali saranno misurate le rese, le emissioni di gas serra e le condizioni generali di salute del terreno e tutti i parametri saranno poi confrontati con quelli dei campi vicini, fertilizzati in modo tradizionale. Se l’esperimento avrà successo, ogni anno Nestlé potrebbe ricevere fino a 7mila tonnellate di pellet al cacao da usare nel Regno Unito, pari a circa un quarto di quelle normalmente utilizzate dall’azienda per produrre i cereali nel Paese (per esempio, per la linea di pet food Purina). FoodNavigator, che ha raccontato dell’esperimento, ha riportato anche la testimonianza di un coltivatore del Norfolk, che ha già impiegato questi pellet per fertilizzare una parte dei campi di avena destinati a Purina. “Non ho notato alcuna differenza rilevante rispetto ai campi fertilizzati in modo classico” ha detto.

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Di Massimo Prandi

Massimo Prandi