Quando apparve sul mercato per la prima volta, il Ruby Chocolate, più comunemente conosciuto in Italia con il nome generico di cioccolato rosa, fece parlare di sé per motivi trasversali. Di questa particolare varietà di cioccolato, infatti, colpirono soprattutto l’aspetto e ovviamente il colore. In seconda istanza, arrivarono alcune polemiche sull’opacità che avvolgeva le informazioni sulla natura del prodotto.
Inizialmente, infatti, il Ruby Chocolate venne immesso sul mercato quasi senza fornire dettagli sulla sua natura, se non quelle strettamente richieste per legge. Probabilmente l’azienda svizzera che lo aveva prodotto nei suoi centri di ricerca – in collaborazione con la Jacobs University di Brema – intendeva creare un alone di mistero sfruttando l’hype della novità.
L’effetto fu l’esatto opposto: sospetti, diffidenza e più o meno velate accuse di mistificazione. Solo dopo queste pressioni, la stessa azienda produttrice ritenne opportuno chiarire la genesi del nuovo prodotto.
Frutto della sintetizzazione di una varietà di fave di cacao (le Ruby Cocoa Beans, appunto), il cioccolato rosa è un prodotto totalmente naturale.
Contrariamente a quanto fu adombrato agli inizi, infatti, egli non contiene tracce di coloranti. Il suo colore deriva da una particolare pigmentazione presente in alcune sostanze contenute in quella specifica varietà di fave. Per questo motivo, esso deve essere accompagnato da una certificazione che ne attesti l’origine perfettamente naturale. Ciò gli permette di distinguersi dal cioccolato colorato artificialmente, che pure esiste, anche di colore rosa (ed è perfettamente legale).
Le fave da cui si ricava il cioccolato rosa provengono da piantagioni situate in Ecuador, Brasile e Costa d’Avorio. Si tratta – come per la maggior parte delle piante di cacao – di elementi botanici che per crescere rigogliosi hanno bisogno di un clima molto caldo e umido. Per questo motivo, le piantagioni di cacao (e la varietà Ruby non fa eccezione) crescono principalmente nelle zone equatoriali, con un clima costantemente caldo e un ‘alta percentuale di umidità. E per lo stesso motivo, le stesse piantagioni non possono essere impiantate in Europa: il cacao è un prodotto eminentemente d’importazione.
Il cioccolato rosa è stato ribattezzato “quarto cioccolato”, dal momento che va ad aggiungersi al cioccolato fondente, a quello al latte (i due “classici”) e a quello bianco (quest’ultimo sintetizzato verso gli anni Trenta del secolo scorso). La sua consistenza è porosa, meno compatta di quella del cioccolato fondente, più simile a quella del cioccolato al latte.
Il suo sapore è invece più affine a quello del cioccolato bianco, vagamente vanigliato e molto dolce. Ciò che lo distingue è il retrogusto asprigno, con forti sentori di frutti di bosco.
Proprio quest’ultimo aspetto conferisce al cioccolato rosa dei tratti di unicità. Grazie alla lunga persistenza del suo retrogusto, infatti, il Ruby Chocolate offre un’esperienza organolettica completamente nuova nell’universo del cioccolato. Per la prima volta, un prodotto derivante dal cacao riesce a esplorare sensazioni gustative dalle sfumature fruttate senza ricorrere ad aromi artificiali. Un aspetto, quest’ultimo, che non è sfuggito ai più abili e creativi maestri pasticcieri.
Per il momento, il cioccolato rosa è stato utilizzato soprattutto nel suo ambito più canonico: la produzione di praline o tavolette di cioccolato. Una celebre linea di snack ha brevettato una variante al cioccolato rosa che sta riscuotendo un certo successo, soprattutto in paesi come Giappone e Stati Uniti. Anche in Italia è stato prodotto un cioccolatino industriale, di uno dei brand più famosi del settore, nella sua variante Ruby. Ma siamo ancora in uno stato embrionale della sperimentazione gastronomica del prodotto, quindi è abbastanza ovvio che la produzione sia, al momento, improntata a una certa canonicità. D’altronde, i costi ancora piuttosto alti della materia prima non consentono troppi voli pindarici, né investimenti massicci sulla sperimentazione.
Tuttavia qualcosa si sta muovendo. In pasticceria, il cioccolato rosa si presta più o meno a tutte le lavorazioni cui è destinato il cioccolato tradizionale. Dai laboratori più raffinati cominciano ad affiorare delle gustose ganache al cioccolato rosa, capaci di offrire un gusto molto più speziato e leggero a torte e altri dolci al cucchiaio. Sfruttando i sentori fruttati della materia prima, la preparazione si armonizza con creazioni in cui la componente grassa data dalla presenza di latte e/o burro è molto meno invasiva, mentre sono ricercate delle note più acide e pungenti.
Anche il gelato al cioccolato rosa rappresenta una novità futuribile. Mentre sono ancora sotto la lente d’ingrandimento altre preparazioni. Fra tutte, si attendono novità significative dai filling a base di crema pasticciera, per riempire bignè o altri dolci monoporzione. Mentre per quanto riguarda le glasse la strada sembra più in discesa.
Al tirar delle somme, il cioccolato rosa rappresenta sicuramente una seria possibilità di investimento per le pasticcerie più prestigiose. I maestri pasticcieri più arditi troveranno in questa materia prima un alleato prezioso per dare sfogo alla loro creatività. Gusto e duttilità di utilizzo sono infatti due cardini del prodotto. Al tempo stesso, bisogna fare attenzione ai costi. Il Ruby Chocolate è ancora oggi una materia prima di nicchia. La produzione è quantitativamente contenuta. D conseguenza i costi all’ingrosso sono notevoli. Se non ci si rivolge a una clientela particolarmente ricettiva, si rischia di fare un buco nell’acqua.
Al contrario, se il destinatario dell’offerta si dimostra sensibile alla stessa, il Ruby Chocolate può rappresentare un ottimo affare. Per adesso, sembra più un capriccio da pasticceria di lusso. Ma il mercato cambia in fretta, e bisogna essere pronti a intercettare il cambiamento.