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Qualche anno fa, una delle tante ricerche universitarie a stelle e strisce basata sullo studio dei topi – aveva spiegato in modo scientifico l’incapacità di resistere alla tentazione di mangiare cioccolatini, creme al cioccolato, tavolette e dolci vari.

Tutta colpa dell’encefalina (secondo i ricercatori di Michigan State), sostanza chimica che viene prodotta dal cervello quando mangiamo cioccolato come altri cibi gustosi e gratificanti, scatenando così un effetto simile a quello dell’oppio.

Sarà vero, però noi siamo convinti di un’altra teoria: oggi in Italia si mangia cioccolato, in buona quantità – 4 kg procapite all’anno, ma in Svizzera sono 9 per esempio perché si è innalzata la conoscenza del consumatore e i nostri produttori (artigianali in primis) hanno fatto passi da gigante.

Lo ammettono pure i mostri sacri francesi, svizzeri, olandesi, inglesi e giapponesi (non lo sapevate? Fanno un cioccolato raffinatissimo e introvabile da noi) come sostiene la monumentale guida Chocolate, The Reference Standard.

Trattasi dell’opera omnia di Georg Bernardini, assaggiatore professionista di origini italiane che nel 2015 ha consumato 70 kg di cioccolato (4200 cioccolati di 550 marchi provenienti da 70 paesi diversi) per compilare una classifica tra produttori.

Per la cronaca, il primo italiano (e unico tra i 20) è stato Domori, antesignano del controllo totale della filiera (ossia facciamo tutto noi: dalla coltivazione del cacao all’uscita dello stabilimento).

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Di Massimo Prandi

Massimo Prandi