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Cacao e zucchero sono delle produzioni che mettono a dura prova gli ecosistemi: le filiere devono cominciare a fare i conti con l’ambiente, per limitare il più possibile la distruzione e l’alterazione del territorio in cui vengono coltivati. Quanto sappiamo di questo equilibrio delicato? ì

Dietro la maggior parte della produzione di cacao e zucchero, gli ingredienti principali del simbolo pasquale per eccellenza, c’è un livello di distruzione, degrado e frammentazione degli ecosistemi naturali di cui forse non siamo a conoscenza.

La canna da zucchero è spesso coltivata in aree dove un tempo sorgeva una lussureggiante foresta tropicale. Il Brasile è il primo paese produttore al mondo e la sua coltivazione ha contribuito considerevolmente alla deforestazione soprattutto nel periodo dal 2002 al 2012 con il 12% delle attività di deforestazione nel Paese (16 mila chilometri quadrati di foresta tagliati a causa dell’espansione delle piantagioni. Mentre per il cacao soffrono principalmente i paesi dell’Africa occidentale che in questi anni hanno triplicato la loro produzione, arrivando a coprire oltre il 70% della quota di mercato globale. Qui si calcola che, mantenendo gli stessi livelli di produzione, entro il 2024, cioè soltanto fra tre anni, intere foreste dell’Africa occidentale scompariranno, con conseguenti impatti anche sul clima.

Il Wwf pubblica un approfondimento sugli impatti delle due principali commodity dolci della Pasqua: “Zucchero e Cacao, due storie amare” Gli ingredienti più comuni del simbolo pasquale si aggiungono quindi a olio di palma, soia e allevamenti bovini come importanti cause della deforestazione e della perdita di habitat.

“L’agricoltura rappresenta oggi la prima causa di deforestazione nelle aree tropicali e subtropicali del nostro Pianeta: ben il 73% della deforestazione è dovuto all’espansione dei terreni agricoli. La distruzione e il degrado delle foreste e degli habitat causano inoltre circa il 20% dei gas serra immessi ogni anno nell’atmosfera”. Le parole di Eva Alessi, Responsabile consumi sostenibili e risorse naturali di WWF Italia. “I sistemi alimentari sono anche la prima causa di perdita di biodiversità sul Pianeta che avviene soprattutto nei Paesi tropicali che ospitano le piantagioni di molte di queste commodity: Brasile, Argentina, Messico, Paraguay, Uruguay, Ghana, Costa d’Avorio, Uganda, sono diventati terre destinate alla produzione di alimenti per il consumo, in primo luogo, dei Paesi occidentali. È più che mai indispensabile che tutti i consumatori siano consapevoli quanto le loro scelte siano determinanti per le sorti del Pianeta e che possiamo e dobbiamo fare qualcosa per cambiarle per il meglio. Stiamo divorando il Pianeta senza capire quanto in realtà la nostra salute sia profondamente connessa con quella dell’ambiente in cui viviamo.”

Lo zucchero, una delle commodity più commerciate al mondo, sta assistendo ad una progressiva limitazione di utilizzo nei Paesi occidentali, dovuta alle policy sulla salute
Al contrario il suo consumo nelle economie emergenti è in continua crescita. L’Unione Europea è il primo importatore al mondo di zucchero di canna grezzo da raffinare. Qui infatti si lavora lo zucchero grezzo per produrre i prodotti dolciari che finiscono negli scaffali dei supermercati, per questo l’UE è anche il terzo massimo produttore mondiale di zucchero, preceduto solo da Brasile e India. Questo alto livello di produzione non ha impatti devastanti solo sul Pianeta.

L’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità) infatti raccomanda di ridurre il consumo dello zucchero a meno del 5% dell’energia totale giornaliera, che corrisponde per un adulto con indice di massa corporea medio a 25 grammi di zucchero (ossia circa 5 cucchiaini da tè), mentre per un bambino di sei anni ancora meno (circa 20 grammi). In Italia oggi il consumo di zucchero è di circa 27 kg pro-capite all’anno, ossia circa 15-18 cucchiaini al giorno. È importante tenere presente che una bustina di zucchero che mettiamo nel caffè ne contiene circa 5 grammi, un succo anche 10 grammi, mentre una bibita gassata circa 40 grammi (quest’ultima basterebbe da sola a far superare i limiti giornalieri raccomandati dall’Oms).

In Italia il consumo di cioccolato è aumentato del 22% a seguito della pandemia, a riprova del forte potere consolatorio che il cioccolato ha per tutti noi
La sua domanda a livello mondiale attraversa una fase espansiva che dura da parecchi anni crescendo a un ritmo medio del 3% annuo. L’Italia è il settimo maggiore importatore di fave di cacao in Europa e il secondo maggiore produttore di cioccolato in Europa (con 0,7 milioni di tonnellate, il 18% della produzione Ue), dopo la Germania (1,3 milioni di tonnellate, ovvero il 32% del totale della produzione). Ogni italiano mangia 4 kg di cioccolato all’anno, circa 11 grammi al giorno e sorprende come questo alimento continui a non essere associato ai rischi connessi ad una cattiva alimentazione e ai rischi legati agli alimenti ricchi di grassi e altamente calorici.

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Di Massimo Prandi

Massimo Prandi